L’intellettuale

Amato Lamberti è stato un intellettuale col vizio della politica.  L’attenta lettura del suo impegno e dei suoi studi, lo colloca, invece, tra i grandi meridionalisti al pari di uomini come Dorso o Nitti, Salvemini o Villari.

Anzi, a voler essere più precisi, egli, ritagliandosi un ambito di ricerca più specifica, è stato un circostanziato studioso della “questione napoletana”, alla quale ha dato –  oltre a una visibilità nel campo degli studi nazionali ed internazionali- un contributo di conoscenze, dettagli, indagini e consequenziali ipotesi di soluzione di spessore innovativo ed anticipatorio rispetto ai tempi e agli uomini, appositamente deputati al governo del cambiamento della società e della città.

Amato Lamberti era dotato di senso pratico, di linguaggio semplice e immediato, di predisposizione comunicativa. Nessuno si stancava a sentirlo parlare, perché, come una fonte inesauribile di conoscenze, raccontava i fatti a “cerchi concentrici”.

Aveva la capacità, infatti, di fermarsi su un argomento, da ricercatore, analizzarlo, sezionarlo, scandagliarlo, scovare le ragioni più recondite, restituirlo in termini di ipotesi di soluzioni. Se, poi, trovava l’interlocutore attento, allora allargava la sua analisi, proponeva una miriade di nessi socioculturali, di relazioni interdisciplinari, di richiami a strategie di intervento politico, che presentava non “come si potrebbe fare”  ma, mettendosi in gioco, continuamente, “come ho cercato di fare io, magari sbagliando,quando ho avuto responsabilità amministrative”.

Il professor Lamberti, il fondatore dell’Osservatorio sulla camorra, era immediato, coerente, pieno di coraggio, nonostante le molte minacce e intimidazioni subite nel tempo. Conosceva praticamente tutto della camorra, si aggirava, con facilità, nelle complesse geografie e nelle appartenenze dei vari clan, denunciava, senza metafore e sottintesi, gli equivoci connubi tra la malavita e le pubbliche amministrazioni. Ma, soprattutto, ne parlava senza gli stereotipi della pubblicistica, giornalistica e letteraria, che, solitamente, riconduce tutto alla “sola” dimensione criminale del fenomeno.

La camorra, sosteneva Lamberti (insieme anche a qualche giudice e a qualche prete di frontiera), è un alibi per la politica. Tutti erano e sono bravi a puntare il dito sulle organizzazioni criminali, a raccontarne il radicamento territoriale, ad enumerare le “indebite e fruttuose intromissioni” nelle grandi opere pubbliche (l’Alta Velocità, la costruzione e la manutenzione di strade e autostrade, i fantasmi in cemento delle strutture ospedaliere), nell’economia che non decolla (il pizzo, i finanziamenti che si perdono in mille rivoli), nell’abusivismo edilizio che dilaga, nello scempio sistematico dell’ambiente (inquinamento del suolo, del sottosuolo e delle acque, rifiuti, cave abusive).

Nessuno, però, che svelasse o cercasse di spiegare le complesse connessioni tra i sistemi di potere confinanti con la sottile linea della legalità/illegalità. Amato Lamberti è stato un riferimento costante, per tutti, per come debba essere un uomo delle istituzioni (rigoroso, comprensivo, di respiro europeo), per come debba essere un politico (onesto, giusto, di grande moralità), per come debba essere uno studioso (meticoloso, attento, creativo, umile).

Aveva un rapporto molto franco e aperto –non da barone- con i suoi studenti universitari e con chiunque avesse avuto occasione di parlare con lui; con molti, poi, manteneva un legame anche dopo gli studi –se universitari- o allindomani di una riunione di partito o di un pubblico dibattito. Ad ognuno trasmetteva una carica di fiducia, di pulizia, di forza per andare avanti.

E ognuno, ovviamente, cercava di “portarsi a casa” un pezzettino di ciò che era stato il professor Lamberti/il fondatore dell’Osservatorio sulla camorra/il Presidente della Provincia di Napoli. E Lamberti era contento, come ogni maestro che vede crescere i suoi allievi, come ogni uomo d’una “certa età”, che è riconosciuto guida dai più giovani.

Ciro Raia

Per approfondimenti http://www.ciroraia.it/amato-lamberti-l-intellettuale-scomodo/